La SLA (acronimo di Sclerosi Laterale Amiotrofica) è un disturbo neurodegenerativo progressivo che colpisce le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale – ovvero i motoneuroni in grado di regolare l’attività di contrazione dei muscoli volontari.
Attualmente, in Italia, le persone colpite da quella che viene definita anche “Malattia Lou Gehrig” o “Malattia Charcot, sono 6.000 – la SLA colpisce prevalentemente maschi di età compresa tra i 40 e 70 anni.

Purtroppo, ad oggi, non esistono trattamenti in grado di curare la SLA, ma è possibile curare diversi aspetti che la malattia colpisce per mantenere più a lungo possibile l’autonomia e la qualità di vita del paziente: andiamo, di seguito, a scoprire quali sono.

 

Logopedia per la SLA

Nella terapia per la SLA, il/la logopedista svolge un ruolo essenziale nel fornire strategie per mantenere una comunicazione efficace e monitorare costantemente le abilità di deglutizione; lo scopo è quello di prevenire complicanze cliniche, consentendo al paziente di alimentarsi e bere in modo sicuro.

Ecco alcuni degli interventi logopedici utilizzati nel trattamento della SLA:

  • terapia del linguaggio: si tratta di mantenere e migliorare le abilità linguistiche del paziente, ad esempio attraverso esercizi di rafforzamento muscolare e di respirazione, nonché di esercitazioni per mantenere l’intonazione e il ritmo della voce;
  • terapia dell’articolazione: la debolezza muscolare può influire sulla chiarezza dell’articolazione dei suoni; i logopedisti possono fornire esercizi specifici e strategie per migliorare l’articolazione e la precisione nella produzione dei suoni;
  • compensazione e trattamento della deglutizione: la SLA può causare difficoltà nella deglutizione, aumentando il rischio di soffocamento o di aspirazione dei cibi o delle bevande; attraverso la logopedia, è possibile modificare le consistenze degli alimenti e fornire esercizi e strategie per facilitare una deglutizione sicura e corretta;
  • uso di dispositivi di comunicazione: quando la capacità di parlare viene compromessa, i logopedisti possono contribuire, insieme ad altre figure preposte, nell’individuare con il paziente dispositivi di comunicazione alternativi, come i sintetizzatori vocali o gli ausili per la comunicazione, ed implementarne l’uso.
  • supporto e gestione delle difficoltà di comunicazione nella progressione del disturbo: in questo caso, i logopedisti lavorano con il paziente e i suoi familiari per adattare le strategie di comunicazione in base alle esigenze individuali e per favorire una comunicazione efficace e soddisfacente.

Terapia farmacologica per la SLA

Come detto, al momento non esiste una terapia efficace contro la SLA, mentre esistono farmaci potenzialmente utili a combatterne i sintomi.

L’unico medicinale approvato in Europa che sembra essere in grado di rallentarne parzialmente il decorso è il Riluzolo, a cui si può affiancare una terapia sintomatica per trattare i disturbi specifici.

Disponibile per la somministrazione orale in compresse e in sospensione orale la dose consigliata di Riluzolo è rispettivamente di 50mg/10ml (da assumere due volte al giorno a distanza di 12 ore l’una dall’altra); occorre ricordare, poi, che il farmaco andrebbe assunto sempre negli stessi orari.

Il principio attivo contenuto in medicine come Rilutek, Riluzol, Zentiva e Teglutik agisce riducendo il rilascio di glutammato nel cervello e nel midollo spinale, esercitando un’azione neuroprotettiva nei confronti dei neuroni.

Più di recente è stato approvato negli Stati Uniti ed accessibile come uso compassionevole in Europa, il farmaco Tofersen, molecola di nuova progettazione (ASO-Oligonucleotide Antisenso) che agisce riducendo la proteina alterata SOD1. Il farmaco viene somministrato tramite procedura di rachicentesi ed è rivolto a forme di SLA associate a mutazioni del gene SOD1.

La fisioterapia per la SLA

La riabilitazione motoria, nell’ambito della gestione multidisciplinare della SLA, ha come obiettivi principali:

  • l’ottimizzazione dell’autonomia residua;
  • la gestione della faticabilità;
  • la prevenzione delle complicanze secondarie e terziarie;
  • il coinvolgimento del caregiver nel processo di cura.

Nella complessità della presa in carico della persona con SLA il trattamento riabilitativo deve essere personalizzato, mirato ad obiettivi specifici ed effettuato da un team riabilitativo specializzato, coordinato da un fisiatra che comprenda diverse figure professionali (terapista motorio, terapista occupazionale, terapista respiratorio, logopedista).

Nelle fasi iniziali della malattia, l’approccio riabilitativo motorio sarà finalizzato al mantenimento dell’autonomia residua.

Questo obiettivo viene raggiunto sia tramite l’esercizio terapeutico, il training del cammino, gli esercizi di destrezza che tramite la selezione di ausili ed ortesi e gli adattamenti ambientali.

Nelle fasi più avanzate, l’intervento riabilitativo sarà mirato alla prevenzione delle complicanze correlate all’immobilità e al monitoraggio dell’evoluzione della malattia, per segnalare eventuali campanelli d’allarme al team.

In tutte le fasi il team riabilitativo coinvolge il paziente ed il caregiver, nelle fasi iniziali per favorire l’esercizio autogestito, nelle fasi più avanzate per insegnare la gestione delle complicanze terziarie, ridurre il carico assistenziale e proporre strategie per favorire l’ottimizzazione di un’autonomia modificata e di una partecipazione sociale.

 

SLA e Terapia Occupazionale

La terapia occupazionale aiuta i pazienti a mantenere una partecipazione attiva nelle attività quotidiane nonostante la progressiva perdita di abilità motorie e funzionali.
Si tratta di una branca della riabilitazione che si concentra sul miglioramento delle capacità funzionali e della performance nelle attività di vita quotidiana delle persone con disturbi psichici e fisici nei loro compiti quotidiani.

Gli obiettivi della terapia occupazionale sono quelli di migliorare:

  • l’indipendenza;
  • la qualità della vita;
  • la capacità di gestire le attività quotidiane in modo significativo.

Dopo aver valutato le abilità funzionali del paziente – compiti di vita quotidiana, cura personale e alimentazione – il terapista occupazionale sarà in grado di identificare i bisogni dell’individuo e le abilità presenti e pianificare un trattamento personalizzato, che miri alla valorizzazione delle capacità conservate e alla promozione dell’autonomia con strategie e soluzioni facilitanti.

SLA: recenti progressi nella patogenesi e nella terapia

Negli ultimi anni, importanti passi avanti sono stati compiuti al fine di indagare i meccanismi patogenetici alla base della Sclerosi Laterale Amiotrofica, presupposto essenziale per il successivo sviluppo di terapie potenzialmente efficaci.

L’intensa attività di ricerca a livello mondiale ha permesso di aumentare le nostre conoscenze e gli studi sui meccanismi alla base della malattia, su possibili biomarcatori per una diagnosi precoce e per monitorare l’evoluzione della malattia, così come su efficaci soluzioni terapeutiche sono in costante evoluzione.

Oggi sappiamo che esistono una forma sporadica e una forma familiare di SLA. Nel primo caso, non è nota una familiarità né è possibile stabilire una chiara trasmissibilità correlata a uno specifico gene. Nel secondo caso, che rappresenta circa il 10% dei pazienti affetti, l’insorgenza della malattia è correlata a una mutazione genetica che può essere trasmessa ai discendenti.

Il primo gene identificato è stato il gene SOD1 che codifica per la proteina Superossido Dismutasi di tipo 1 (SOD1), un enzima che riduce lo stress ossidativo modulando la produzione di radicali liberi. Mutazioni in SOD1 comportano la produzione di una proteina “tossica” per le cellule.

Nel corso degli anni, numerosi altri geni sono stati associati a forme di SLA familiare, i più frequenti dei quali sono C9ORF72, ad oggi la causa genetica più frequente di SLA, TARDBP che codifica per la proteina TDP-43 e il gene FUS.

Le più recenti evidenze scientifiche hanno dimostrato che una percentuale di casi apparentemente “sporadici” sono correlati a mutazioni in uno dei geni noti per essere associati allo sviluppo della SLA.

Tali rilievi sottolineano come gli aspetti genetici siano di grande importanza nell’eziologia della malattia e come la SLA sia una malattia multigenica (ovvero più geni coinvolti).

I moderni studi di genetica e genomica hanno anche evidenziato come casi sporadici possano essere portatori di due o più varianti in geni diversi, così suggerendo una potenziale base oligogenica o poligenica della malattia che, considerando anche il ruolo di potenziali fattori ambientali, si configura come una malattia a genesi multifattoriale.

Oltre al riluzolo, farmaco approvato già da molti anni per il trattamento della SLA ma dai benefici limitati, numerosi altri composti sono stati e/o sono oggetto di attiva sperimentazione incluso l’Edaravone sia per via endovenosa che per via orale, la metilcobalamina a elevato dosaggio e il TUDCA/fenobutirrato di sodio (quest’ultimo recentemente approvato dall’FDA per l’immissione in commercio).

Merita una citazione a parte il Tofersen il quale, recentemente approvato dall’FDA, è un oligonucleotide antisenso (ASO) disegnato per legare in maniera specifica l’mRNA di SOD1 mutata al fine di ridurre l’espressione della proteina SOD1 anomala e così rallentare la progressione di malattia.

In Italia sono circa 120 i pazienti portatori di una mutazione in SOD1 e molti di questi sono già in trattamento attraverso un programma di uso compassionevole.

Ulteriori studi sono in corso per valutare l’efficacia di questo trattamento, traguardo che può aprire le porte a ulteriori studi e ulteriori sperimentazioni che possano interessate una più ampia popolazione di pazienti.