L’acquisizione del linguaggio e della comunicazione è un processo multi-componenziale che, in assenza di danni neurologici o di condizioni patologiche ai sistemi di percezione e articolazione del linguaggio, si sviluppa in un periodo critico che va circa dai 2 ai 14 anni. 

La realizzazione del linguaggio è dipendente da un corretto sviluppo cognitivo, motorio e articolatorio degli organi dell’apparato fonatorio.

Quest’ultimo comprende un insieme di strutture anatomiche come il palato, la lingua, i denti, (ecc…), che hanno bisogno di tempo per raggiungere il grado di sviluppo necessario per compiere e coordinare i movimenti necessari per la produzione dei suoni. 

Il bambino inizia a giocare con la sua voce già nei primi mesi di vita, tra i 6-8 mesi compare infatti la lallazione ovvero la produzione di suoni (ma-ma-, pa-pa, ba-ba).

Pian piano la ripetizione di sillabe diventa più strutturata e il bambino comincerà a variare l’uso dei suoni appresi (ma-ba, pa-la), fino a comporre delle vere e proprie parole.

Prima che il bambino arrivi ad una perfetta padronanza del linguaggio attraversa una fase fisiologica in cui le parole non sono del tutto chiare, assistiamo infatti ad alcuni processi di semplificazione, alcuni esempi comuni sono: “torta-totta”, “cane-tane” oppure “banana-nana”.

Nel tempo, il linguaggio diventa più chiaro, aumenta il vocabolario e le frasi sono più complesse.

Talvolta può accadere che quest’ultimo passaggio non avvenga, ovvero che il bambino continui ad utilizzare parole distorte e poco comprensibili.

La persistenza di questa modalità comunicativa è un elemento tipico di disturbo fonetico-fonologico.

Ovviamente per chi non è del mestiere può risultare complicato capire quando è il caso di rivolgersi ad un professionista, per tale ragione è importante osservare e tenere a mente eventuali campanelli d’allarme:

  • Assenza di lallazione e babbling tra i 4 e i 12 mesi;
  • Vocabolario espressivo inferiore a 50 parole a 24 mesi;
  • Difficoltà nel comprendere ordini semplici;
  • Assenza di frasi a 36 mesi;
  • Linguaggio incomprensibile o comprensibile solo dai familiari.

I Disturbi Specifici del Linguaggio (DSL), o Disturbi Primari del Linguaggio, sono tra i disordini più̀ comuni tra i bambini.

Si stima che circa il 10-15% dei bambini in età prescolare e il 6% in età scolare ne siano affetti 

Le difficoltà fonologiche sono il campanello d’allarme che spinge più frequentemente i genitori a rivolgersi al pediatra o direttamente al logopedista.

Spesso il disordine linguistico è solo “la punta dell’iceberg” di un problema più esteso e profondo; per questo è necessaria una valutazione che escluda problemi di natura organica o cognitiva. 

 

Come vengono riconosciuti e inquadrati i disturbi del linguaggio?

La maggior parte dei genitori arriva in terapia e riporta che il bambino ha difficoltà nel pronunciare alcune parole. Tale informazione non esclude, come già detto in precedenza, la presenza di patologie più complesse che possono esserne la causa.

La comparsa di un disturbo di linguaggio nei bambini, infatti, può essere manifestazione clinica di quadri patologici molto diversi che spaziano dai disturbi dello spettro autistico, a quelli di origine neurologica, a quelli specifici. Ciò che accomuna situazioni tanto diverse – o, dovremmo meglio dire, ciò che primariamente viene colto dall’ambiente educativo – è la difficoltà nel tradurre il pensiero in parole.

Risulta quindi, fondamentale fare un po’ di chiarezza. Nella pratica clinica italiana il riferimento più utilizzato per la diagnosi è quello all’ICD-10, ossia la Classificazione internazionale delle sindromi e dei disturbi psichici, proposta nel 1992 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

 L’ICD-10 distingue tre tipi di disturbi del linguaggio: 

  • F80.0 Disturbo specifico dell’articolazione dell’eloquio;
  • F80.1 Disturbo del linguaggio espressivo; 
  • F80.2 Disturbo della comprensione del linguaggio.

Tale classificazione, tuttavia, si basa sulla componente eziologica, tralasciando la gravità, la tipologia di errori, la risposta all’intervento riabilitativo.

La diagnosi dei DSL (disturbo specifico di linguaggio) avviene quindi, spesso per esclusione.

Dopo essersi assicurati che non siano presenti altre patologie che impediscano al paziente di parlare nella maniera corretta, la diagnosi richiede la cooperazione tra diversi professionisti quali: logopedisti, neuropsichiatri e psicologi, che tramite un approccio multiprofessionale garantiscono una visione completa e approfondita del soggetto in esame 

Tra i disturbi specifici del linguaggio più diffusi sono presenti gli Speech Sound Disorders (SSD).

 

Quali sono le cause?

La frequenza di tale patologia sembra essere aumentata negli ultimi anni, ciò ha fatto crescere l’interesse su possibili cause che sono alla base dei disturbi linguistici; tuttavia, ad oggi non vi sono ancora certezze assodate e definitive.

Si possono individuare però dei fattori che sembrano determinare tale disturbo:

  • Familiarità;
  • Otiti frequenti tra il primo e secondo anno di vita;
  • Sesso maschile.

Normalmente i bambini con questi disturbi vengono seguiti principalmente dal logopedista che, a seconda dell’età del soggetto, svolge terapia al fine di correggere la fonazione errata e a prevenire l’insorgenza di patologie secondarie, come i disturbi dell’apprendimento.

 

Quali sono le caratteristiche del disturbo?

Il disturbo fonologico si manifesta come un ritardo nell’organizzazione della struttura fonotattica e all’interno della parola.

Il linguaggio dei bambini con queste difficoltà è ricco di processi di sostituzione di un suono, di inversione, di omissione, e distorsioni.

Tutto ciò, molto spesso, rende poco comprensibile ciò che il bambino sta dicendo e il piccolo parlatore vive con difficoltà la comunicazione negli ambienti extrafamiliari. Può capitare che il linguaggio del bambino risulti comprensibile solo al genitore o da un membro della famiglia.

I suoni che più frequentemente risultano più difficili sono quelli che vengono acquisiti tendenzialmente per ultimi nella sequenza evolutiva e sono l, r, s, z, gl, gn, c. È inoltre molto comune la blesità, ovvero la difficoltà nell’articolazione delle sibilanti, il sigmatismo cioè la difficoltà nel pronunciare il suono “S” (comunemente chiamata lisca, o zeppola o esse moscia) e il rotacismo, in questo caso la difficoltà di articolazione riguarda il suono “R” che viene emesso in maniera distorta o può essere talvolta del tutto omesso. È bene precisare che il suono “R” è ritenuto uno dei suoni più complessi della lingua italiana e generalmente è tra gli ultimi, se non proprio l’ultimo, a comparire nello sviluppo linguistico del bambino, motivo per cui non occorre allarmarsi se non viene ancora ben pronunciato anche dopo i 3 anni. Queste difficoltà, oltre ad essere quelle riscontrate con maggior frequenza poiché costituiscono la manifestazione del disturbo del linguaggio che emerge prima e che è più facile da individuare, mostrano un’ampia varietà espressiva che si differenzia a seconda della fase di sviluppo del bambino e della natura dei compiti linguistici che gli vengono sottoposti.

 

Cosa fare?

Lo sviluppo del linguaggio può essere variabile e dipendere dalle caratteristiche individuali di ciascun bambino; tuttavia, è importante non sottovalutare qualora il linguaggio non sia presente o sia poco comprensibile.

Bisogna osservare il bambino nella sua globalità. È importante infatti notare come si muove nello spazio, come interagisce con gli estranei e con i familiari, come si relaziona con il mondo circostante.

Lo sviluppo motorio e cognitivo vanno a braccetto con il linguaggio, per questo lo sguardo deve essere a 360°.

Si consiglia, quando si hanno dei dubbi o si riscontrano i campanelli d’allarme sopra indicati, un primo incontro con il neuropsichiatra, figura medica che ha il compito sia di riconoscere un eventuale disturbo che di indirizzare la famiglia verso il percorso più adatto.

Prognosi

La prognosi dei disturbi fonologici è molto variabile in quanto dipende da diversi fattori;

  • Grado di compromissione (quanti suoni il bambino produce in maniera distorta);
  • I prerequisiti scolastici che riesce ad acquisire;
  • Intervento precoce;
  • Ambiente familiare e sociale.

Solitamente se l’intervento è tempestivo e il trattamento di riabilitazione logopedica adeguato al bambino, si possono ottenere buoni risultati. Risulta quindi fondamentale intervenire in tempi precoci per far sì che il bambino possa acquisire tutti i suoni in modo adeguato.

Bibliografia:

Vio-Lo Presti, 2014

Pinton,2018

Mariani-Pieretti, 2014 

Pinto.A. Lena L.Zmarich C. (2014) I disordini  fonetico-fonologici,in L.Marotta e M.C.Caselli. I disturbi di Linguaggio. Caratteristiche, valutazione e trattamento, Erickson, Trento 2014, 125-144.

Mariani-Pieretti, 2014

Forum Media Edizioni, L.Pentacoste