Parent training nell’autismo: come funziona?
Viviana Mioranza
Aggiornamento - 11:00 del 17/07/23
Indice
Nel disturbo dello spettro autistico, con parent training si intende una macrocategoria che include diversi programmi di intervento volti a potenziare le competenze genitoriali e migliorare la qualità di vita sia dei bambini affetti che di tutto il nucleo familiare. Si tratta quindi di un intervento psicologico per la coppia genitoriale, e si può svolgere sia in forma individuale che di gruppo.
Grazie alla guida di esperti, il Parent training ha l’obiettivo di fornire strumenti e strategie – a genitori ed educatori – che risultano più efficaci nella gestione comunicativa e relazionale dei bambini che soffrono di disturbi dello spettro autistico.
Inoltre, con questo tipo di intervento, è possibile trasmettere ai tutori le competenze e tecniche educative utili a diminuire i comportamenti di difficile gestione, chiamati comportamento-problema, sia in ambito familiare, ma anche in contesti extra familiari, come per esempio a scuola.
Cerchiamo di capire, nel dettaglio, di cosa si tratta.
Gli obiettivi del parent training
Dando uno sguardo generale e complessivo, il parent training si pone, principalmente, quattro obiettivi:
- informare i genitori, illustrando nel dettaglio, in cosa consistono i disturbi dello spettro autistico;
- sostenere i caregiver, creando uno spazio emotivo condiviso che faciliti l’accettazione della diagnosi del bambino e a trovare un nuovo equilibrio dentro il nucleo familiare;
- ridurre il carico di stress della famiglia;
- insegnare ai genitori come essere mediatori dell’intervento terapeutico.
Grazie al parent training, i genitori diventano alleati dei terapeuti, pertanto vengono loro forniti strumenti utili per riconoscere e gestire le situazioni sia all’interno del contesto familiare che fuori.
Il parent training, nato per aiutare i genitori di bambini con disturbi comportamentali distruttivi, infatti, si applica, nei disturbi dello spettro autistico, anche a diverse problematiche comportamentali associate che si manifestano in forme diverse, spesso a seconda dell’età:
- ansia da separazione;
- fobia sociale;
- assertività;
- tic e compulsioni;
- iperattività;
- selettività alimentare;
- problemi attentivi;
- oppositività emotiva.
L’approccio, inoltre, è applicabile a situazioni educative che riguardano:
- sonno;
- alimentazione;
- rapporto con i fratelli;
- buona educazione;
- abilità sociali.
In cosa consiste il parent training?
Il parent training, è un insieme eterogeneo di programmi di intervento rivolti alla coppia genitoriale e supportati da esperti, con il fine di formare i genitori su conoscenze specifiche e fornire tecniche comportamentali per la gestione delle specifiche situazioni, andando ad attivare competenze specifiche.
All’interno del parent training, genitori e terapeuti sono veri e propri alleati nell’esplorare le strategie utili a intervenire e individuare i comportamenti disfunzionali dei bambini da un lato, e promuovere lo sviluppo e migliorare le competenze comunicativo-relazionali durante il percorso di crescita, dall’altro.
Le sessioni aiutano a individuare da dove potrebbe nascere un determinato comportamento problematico nel bambino, infatti gli esperti, che possono in alcuni casi assumere ruolo di coach della funzione genitoriale, si interfacceranno con i caregiver suggerendo strategie da mettere in pratica.
Ecco quali.
Gli interventi di supporto nel Parent Training
All’interno delle terapie del Parent Training, si possono individuare due tipologie di interventi:
- la terapia mediata dai genitori (in cui è il tutore stesso a intervenire);
- i programmi di supporto (in cui viene fornito un supporto pratico a genitori e caregiver (tramite, ad esempio, un percorso psicoeducativo).
La terapia mediata è molto specifica e porta il genitore ad essere parte attiva nel cambiamento; il bambino, in questo caso, beneficia del trattamento in maniera diretta.
La terapia mediata dai genitori include:
- l’intervento mediato dai genitori per i comportamenti disfunzionali, che prevede protocolli di intervento che mirano a ridurre la frequenza e l’intensità dei comportamenti maladattivi che spesso si associano all’autismo, come l’aggressività, i disturbi del sonno o la selettività alimentare. All’interno di questo tipo terapia mediata si distinguono interventi primari e interventi complementari. Nei primari, come il RUPP viene insegnato al genitore come mettere in pratica tecniche di intervento di matrice comportamentale basate sul metodo ABA, con lo scopo di ridurre i comportamenti lesivi, migliorare le abilità adattive, e favorire la regolazione degli stati emotivi del bambino per facilitarne le relazioni, sia all’interno del nucleo familiare che fuori. Negli interventi complementari, il terapista lavora direttamente con il bambino mentre il genitore osserva e, una volta raggiunti gli obiettivi, seguono sessioni in cui si insegna direttamente al genitore ad utilizzare le strategie per mantenere le acquisizioni raggiunte. Parte di queste tecniche comportamentali è l’enfasi sulle emozioni positive e la gratificazione per favorire l’empatia. A seconda dell’età e dei bisogni del bambino, si possono inoltre alternare, una volta identificate le attività che risultano essere al centro dell’attenzione del bambino, situazioni ludiche a turni conversazionali. La comunicazione non verbale è importantissima, così come l’attenzione congiunta (utile per insegnare al bambino a condividere gli interessi con altri). Infine, viene insegnato come aiutare il bambino ad apprendere attraverso il canale imitativo; in questo caso, è il genitore stesso ad assumere informazioni da parte del terapeuta per facilitare l’aspetto sociale e scolastico del bambino;
- l’interazione mediata dai genitori per i sintomi principali del disturbo dello spettro autistico prevede programmi mirati ad insegnare al bambino come migliorare l’interazione sociale, la comunicazione, l’imitazione ed il gioco. Anche questi interventi si dividono in primari e complementari. Nei primi, di cui per esempio fa parte il metodo JASPER, i genitori in prima persona effettuano il percorso terapeutico seguiti da un professionista specializzato. Il metodo Jasper, rappresenta un modello d’intervento comportamentale ad approccio naturalistico, nel quale il genitore viene formato in modo attivo e diretto sulle strategie per promuovere il coinvolgimento costante del bambino nell’interazione durante il gioco e le attività di vita quotidiana. È rivolto a bambini di età prescolare, e punta a favorire lo sviluppo dell’attenzione congiunta, a modellare ed espandere il repertorio ludico e migliorare le modalità comunicative e linguistiche funzionali. I protocolli complementari prevedono sessioni in cui il genitore viene formato sulle basi teoriche e pratiche dell’intervento, ma la sessione terapeutica è svolta da un terapista specializzato. Di questo gruppo fa parte per esempio il programma ESDM, un protocollo di intervento precoce che prevede sedute quindicinali di Parent Training durante le quali i genitori ricevono gli insegnamenti fondanti di questo metodo e sono quindi incoraggiati ad applicare quanto appreso durante la formazione teorica nella quotidianità e nelle principali attività di vita familiare, come per esempio durante i pasti o nei momenti di gioco , al fine di promuovere la generalizzazione di quanto appreso dai piccoli durante le sessioni di terapia. In questo caso, i coach utilizzano giocattoli e attività che interessano il bambino per insegnare nuove abilità sociali e di comunicazione. Il terapeuta aiuta il genitore a capire le difficoltà che possono sorgere: ad esempio, è importante che ciascuna delle attività proposte al bambino non vada oltre le sue possibilità. Le esperienze proposte dai coach, proprio perché graduali, permettono di accompagnare il bambino e la famiglia nell’apprezzarle e a cogliere le numerose opportunità.
Grazie ai programmi di supporto per i caregiver e i genitori, invece, il bambino trae beneficio in maniera indiretta, attraverso il sostegno del terapeuta.
I tipi di intervento, in questo caso, sono due: il coordinamento delle cure – in cui si forniscono nozioni sui servizi presenti sul territorio e su come iniziare un percorso terapeutico, aspetto che nei nostri servizi italiani è svolto dagli assistenti sociali – e la psicoeducazione.
Quest’ultima spesso costituisce la prima fase della presa in carico terapeutica dopo la diagnosi e ha la finalità di fornire tutte le informazioni cliniche e prognostiche dopo la diagnosi, ma rappresenta anche una modalità terapeutica utile per informazioni circa uno specifico problema, ad esempio:
- questioni scolastiche;
- dubbi sul disturbo dello spettro autistico;
- curiosità sullo sviluppo e sul decorso del disturbo;
- entra a conoscenza delle cause del disturbo, delle terapie esistenti e di come si conduce una ricerca scientifica;
- chiarire le preoccupazioni più frequenti che possono colpire i genitori con un figlio affetto da autismo.
Il parent training psicoeducativo e gli incontri con i genitori
Solitamente, il parent training consiste in una serie di 9 incontri – della durata di circa un’ora e mezza ciascuno – che vanno ad esplorare gli aspetti diagnostici, eziopatogenetici e ad illustrare le terapie descritte fino ad ora: vengono fornite nozioni per la comprensione del problema in oggetto, senza dare strategie pratiche.
Essi sono così distribuiti:
- nei primi due appuntamenti, verranno presentate informazioni riguardanti i segni e i sintomi dell’autismo, nonché le opzioni di trattamento disponibili per la gestione di questa condizione;
- nel terzo incontro, si affrontano temi relativi alle capacità di apprendimento;
- il quarto appuntamento è basato sull’analisi funzionale dei comportamenti dei bambini;
- nel quinto confronto, si attuerà un focus sulla relazione genitore-figlio. Si cerca ad esempio di capire in quali momenti vengono messi in atto dal bambino certi comportamenti, e quali emozioni i genitori vivono quando il figlio si comporta in un certo modo. Infatti, non che non esiste un comportamento giusto o sbagliato da seguire e, l’unico individuo in grado di fornire risposte valide è il bambino stesso, quando si imparerà a porre la domanda in modo corretto;
- nella sesta seduta, si illustra come comunicare con il bambino utilizzando il supporto di materiale visivo, il quale si affiancherà alle altre forme di comunicazione disponibili;
- il settimo incontro è incentrato sulle sensazioni emotive dei genitori, illustrando loro come distinguere i pensieri e comprendere che è proprio il modo in cui si interpretano le situazioni a determinare le emozioni provate. In questo incontro viene anche mostrato come sostituire i pensieri negativi con altri più positivi;
- nell’ottavo appuntamento si illustra la capacità di affrontare e superare i momenti difficili attraverso la cooperazione e l’aiuto dei vari professionisti (resilienza familiare): chiedere aiuto, infatti, significa donare ai propri figli maggiori possibilità di crescita;
- nel nono incontro, quello finale, si andrà a tirare le somme di tutto il percorso fatto, sottolineando i punti fondamentali.
Perché il parent training è importante?
Esistono diversi fattori che possono determinare un’evoluzione positiva del disturbo dello spettro autistico: uno di questi può essere il rapporto positivo con i genitori; l’ambiente familiare, infatti, è una risorsa fondamentale per favorire comportamenti autoregolatori nei più piccoli.
Sono necessari, quindi, interventi mirati all’incremento delle abilità genitoriali nel gestire i problemi quotidiani che possono insorgere.
Quando si verificano delle situazioni di disagio in un bambino, l’intervento dei genitori può essere fondamentale per gestire meglio le problematiche del figlio, circoscriverle, ridurle e/o risolverle.
I disturbi dell’età evolutiva sono sempre più riconosciuti come disturbi delle relazioni ed è proprio all’interno delle relazioni che devono essere affrontati: i genitori devono sempre essere informati circa le problematiche relative alla difficoltà del figlio.
Le evidenze scientifiche a sostegno del parent training
Sono numerose le prove scientifiche che sottolineano l’importanza di affidarsi a percorsi di parent training già nei primi anni di vita.
Le linee guida nazionali raccomandano i programmi di intervento mediati dai genitori poiché utili a:
- interagire con i propri figli;
- promuovere lo sviluppo e l’incremento della soddisfazione dei genitori e del benessere familiare;
- migliorare la comunicazione sociale e i comportamenti problema.
Un’importante ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica JAMA (The Journal of the American Medical Association) e ha interessato i genitori di 180 bambini di età compresa tra i 3 e i 7 anni con disturbo dello spettro autistico e problemi comportamentali.
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi:
- 89 partecipanti hanno seguito un programma di parent-training specifico per i disturbi comportamentali formato da 11 sedute con frequenza settimanale. In questi incontri il terapeuta, dopo aver identificato i comportamenti problemi, lavorava insieme ai genitori per una prevenzione e modifica di tali azioni (con sedute per aumentare l’autonomia, i disturbi del sonno e le selettività alimentari);
- gli altri 91, invece, hanno seguito un parent training di tipo classico psico educativo di 12 sedute in cui venivano illustrate ai genitori le caratteristiche dei bambini affetti da autismo, incluse informazioni sul procedimento diagnostico e sui cambiamenti nel corso dello sviluppo.
I risultati di questo studio hanno dimostrato che, dopo una valutazione di 24 settimane, il gruppo di pazienti che seguiva il programma di parent-training specifico riportava dei miglioramenti nei comportamenti problema significativamente superiori rispetto al gruppo che seguiva il programma di psicoeducazione.
In conclusione, l’utilizzo del Parent Training rappresenta una pratica che potrebbe far parte di un approccio olistico nell’assistenza di bambini con disturbi dello spettro autistico nello sviluppo delle loro abilità di comunicazione e linguaggio: questo metodo può essere integrato con altre tecniche volte al potenziamento comunicativo e linguistico come, per esempio, strumenti e tecniche per la comunicazione aumentativa e alternativa (CAA).
Aggiornamento - 11:00 del 17/07/23