L’autismo, meglio denominato “disturbi dello spettro autistico”, è un disturbo del neurosviluppo che può presentarsi con diverse connotazioni ed entità in base ai singoli casi e le cui cause ancora oggi non sono del tutto chiare, pur se riconducibili a diversi fattori, tra cui la genetica.

Come segnalato anche dal Ministero della Salute, i disturbi dello spettro autistico comprendono un insieme molto vario di disturbi del neurosviluppo. Questi sono caratterizzati da deficit nella comunicazione verbale e non verbale, nell’ interazione sociale, da una gamma ripetitiva e ristretta di comportamenti, attività e interessi e da un deficit nell’ immaginazione che generalmente si manifestano sin dai primi anni di età del bambino.

Sempre il Ministero della Salute riporta che in Italia circa un bambino su settantasette, di età compresa tra i 7 e i 9 anni, presenta un disturbo dello spettro autistico. L’osservazione del bambino nei diversi contesti che frequenta, tra cui la scuola, è molto importante non solo perché costituisce un supporto per la diagnosi precoce ma anche per far sì che si realizzino azioni sempre più incisive e inclusive.

Vediamo, quindi, come si può favorire l’inserimento di un bambino autistico a scuola e l’importanza del ruolo dell’insegnante.

Autismo: come potrebbe comportarsi il bambino a scuola?

La scuola per i bambini affetti dal disturbo dello spettro autistico è estremamente importante ma l’ambiente scolastico può risultare complesso e presentare alcune difficoltà.

La scuola può diventare fonte di stress e agitazione anche per la presenza di molti stimoli e persone per le caratteristiche del disturbo.

Questo potrebbe compromettere la capacità del bambino di esprimere i suoi bisogni, di condividere momenti insieme agli altri e adattare i suoi comportamenti all’interno della classe.

Nonostante gli atteggiamenti possano variare a seconda dei casi, alcuni tratti comuni che uno scolaro con disturbo dello spettro autistico potrebbe adottare comprendono:

  • difficoltà ad uscire dalla ripetitività di determinate azioni o comportamenti;
  • scarso interesse a interagire e socializzare con gli altri;
  • difficoltà a separarsi da alcuni oggetti o a interrompere attività fatte in solitudine verso cui mostra particolare interesse;
  • eccessiva sensibilità ai rumori e ai suoni della classe;
  • difficoltà nel linguaggio che possono compromettere le conversazioni con gli altri;
  • scarso interesse per gli oggetti, le persone o le attività intraprese in classe.

Qualora gli insegnanti, soprattutto della scuola d’infanzia, dovessero riscontrare nel bambino alcuni dei segnali soprammenzionati è opportuno informare i genitori, così che questi ultimi possano approfondirne le cause con gli specialisti.

La diagnosi dell’autismo, infatti, è clinica e si basa sull’osservazione del bambino attraverso specifici test per valutare tutti gli aspetti comportamentali e decidere successivamente il progetto terapeutico più efficace a seconda dei casi.

Ad ogni modo, un confronto costante tra insegnante e familiari resta necessario per la gestione del disturbo anche a scuola.

In che modo si può incentivare l’inserimento in classe? Ecco alcune strategie

Innanzitutto, è imprescindibile che gli insegnanti siano adeguatamente formati e in grado di individuare le caratteristiche emotive e cognitive che sono proprie di ogni bambino autistico.

Ciò è fondamentale perché possa sviluppare la sua sfera emozionale e sociale anche nel contesto scolastico, che si configura come il luogo in cui il bambino trascorre la maggior parte del suo tempo.

I bambini autistici sono seguiti da un insegnante di sostegno che, a sua volta, può collaborare anche con figure professionali specializzate (tra questi, educatori o psicologi), nell’ottica di fornire assistenza e supporto maggiori.

Per favorire il coinvolgimento dei bambini o dei ragazzi con disturbo dello spettro autistico nell’ambiente scolastico, tra gli accorgimenti pratici che possono essere utilizzati per il bambino dall’insegnante ma che potrebbero essere utili a tutti i bambini, favorendo l’inclusione, rientrano:

  • creare una classe attiva, che faccia sentire il bambino incluso;
  • l’impostazione di un programma condiviso volto a far conoscere in anticipo le attività didattiche da svolgere con il bambino;
  • l’organizzazione di un’agenda visiva che aiuti l’alunno a capire anche quanto dovranno durare le differenti attività;
  • l’uso di espressioni chiare e di toni cordiali da parte dell’insegnante;
  • l’organizzare del materiale in maniera ordinata, proponendo obiettivi chiari da raggiungere;
  • la possibilità che il bambino sia in grado di esprimere i suoi bisogni e di comunicare anche mediante immagini;
  • la capacità di anticipare o di evitare eventuali problemi o reazioni comportamentali impreviste del bambino in presenza di alcune situazioni;
  • capire attraverso una analisi funzionale l’eventuale comportamento problema per evitare o anticipare situazioni che possano ricrearlo. L’analisi funzionale aiuta a sviluppare ipotesi circa lo scopo del comportamento messo in atto e la relazione tra il comportamento e l’ambiente, secondo un modello ABC basato sugli antecedenti, comportamento e conseguenze;
  • l’incoraggiamento e il tentativo di invogliare il bambino a socializzare con i compagni di classe, che dovranno in ogni caso cercare di rispettare i suoi tempi e la sua sensibilità;
  • il provare a mettere sempre a proprio agio il bambino non solo in classe ma anche in altre aree della scuola (come per esempio le mense scolastiche, che potrebbero essere une fonte di stress e nervosismo per l’alunno autistico, specialmente per via dei rumori e del brusio che vi si crea solitamente);
  • l’organizzazione di attività didattiche con la classe così da incoraggiare l’inclusività in classe;
  • la capacità di catturare l’attenzione dell’alunno con diversi espedienti (per esempio attraverso un oggetto di suo interesse) per stabilire una comunicazione chiara, con informazioni facili ed efficaci da recepire da parte dell’alunno;
  • il rispetto dei suoi tempi e l’inserimento di pause nello svolgimento delle varie attività didattiche.

In generale, è opportuno che la scuola sviluppi attività e programmi sempre più aggiornati (per cui è necessaria la partecipazione di diversi attori su più livelli), che siano in grado di consentire una reale inclusione dell’alunno con disturbo dello spettro autistico.

Dunque, la cooperazione tra diverse figure (famiglia, insegnante, terapista, psicologo, logopedista) è cruciale per impattare positivamente sul benessere del bambino e per mettere a punto un approccio condiviso e delle strategie mirate, da attuare anche nel contesto scolastico.

Piano Educativo Individualizzato: di cosa si tratta?

Il Piano Educativo Individualizzato (PEI) è un vero e proprio documento attraverso il quale il consiglio di classe delinea un percorso didattico inclusivo, un progetto educativo calibrato sulle specifiche esigenze dell’ alunno con una disabilità certificata.

Nel Pei vengono fissati gli obiettivi educativi e le attività che saranno svolte durante l’anno scolastico per conseguirli e i criteri di valutazione.

Il PEI è un documento importante e possiamo dire collettivo poiché la sua stesura dovrebbe coinvolgere tutte le figure coinvolte nell’educazione e nella crescita del bambino o ragazzo.

Alla stesura dovrebbero prendere parte (per conoscere il bambino in tutti i contesti di vita):

  • i docenti della classe;
  • l’insegnante di sostegno;
  • educatori o le altre figure socio–sanitarie;
  • clinici e terapisti;
  • la famiglia.

Tutte queste figure vanno a comporre il Gruppo di Lavoro operativo presieduto dal dirigente scolastico che si interfaccia anche con i rappresentanti dell’unità multidisciplinare della ASL.

Il Pei viene redatto dopo un periodo di osservazione dell’alunno, momento fondamentale e importante per la sua stesura.