Lo sviluppo del linguaggio nei bambini presenta una grande variabilità e per questo motivo non è raro che segni precoci di difficoltà linguistiche passino inosservate.

È molto importante riconoscere eventuali primi segnali di difficoltà nell’evoluzione del linguaggio, in modo da intervenire precocemente. Un esempio potrebbe essere l’assenza di lallazione e scarso utilizzo dei gesti a 12 mesi.

A un anno e mezzo il bambino riesce già a comprendere molte parole, a eseguire semplici consegne. Può indicare i disegni di un libro, oggetti o parti del corpo quando gli vengono denominati e può comunicare attraverso canali mimico gestuali come l’indicazione e lo sguardo.

A due anni la maggior parte dei bambini è capace di produrre circa 50 parole (anche se non sempre pronunciate correttamente), e di comprenderne anche più di 100. A due anni e mezzo iniziano a produrre le prime frasi, cioè le prime semplici combinazioni di parole.

Vediamo, quindi, a cosa fare attenzione e cosa fare se i bambini non parlano.

Quali sono i segnali da non sottovalutare?

Tra i “campanelli di allarme” da osservare nel caso si sospetti la presenza di un ritardo o disturbo di linguaggio troviamo:

  • lento incremento del vocabolario o vocabolario ridotto a meno di 50 parole prodotte a 24 mesi;
  • combinazione di parole (frasi semplici) assenti dopo i 24 mesi.

Fondamentale è porre attenzione anche alla capacità di comprensione, per cui prestare attenzione se il bambino dà segno di capire ed eseguire ordini semplici (es. prendi la palla, guarda la mucca) e comprende le parole più usate nella quotidianità.

È importante, inoltre, osservare la modalità di interazione del bambino con i coetanei e con gli adulti e le sue modalità di gioco.

Bambini che non parlano: cosa fare e quando preoccuparsi?

Se si nota una lentezza nello sviluppo del linguaggio, soprattutto se associata anche a difficoltà di comprensione da parte del bambino, è importante rivolgersi ad uno specialista.

La valutazione specialistica aiuta ad individuare le cause sottostanti a questa condizione.

La diagnosi avrà lo scopo di indagare l’eventuale presenza di problemi uditivi, cognitivi, psicomotori e linguistici e socio-comunicativi attraverso test ed esami specifici.

L’approccio da utilizzare e il trattamento più adeguato per il bambino che non parla potrà variare a seconda dei casi, ma in generale le figure di riferimento possono essere il neuropsichiatra infantile, il foniatra e anche il logopedista. In particolare, quest’ultima figura professionale svolge un ruolo molto importante in presenza di ritardo o disturbi del linguaggio.

Attraverso la logopedia, infatti, i bambini saranno portati a svolgere esercizi e attività volte a migliorare le loro abilità di comunicazione, di articolazione delle parole oltre che l’arricchimento del vocabolario e delle capacità morfo-sintattiche (comprensione e produzione di frasi).

Inoltre, è fondamentale che anche i genitori si impegnino a stimolare correttamente il bambino a casa.

Per questo motivo, sarà necessario parlargli ponendosi al suo stesso livello, per favorire l’apprendimento per imitazione. Commentare costantemente e in diretta ciò che circonda e attira l’attenzione del bambino, pur concedendo al piccolo gli spazi comunicativi necessari per esprimersi.

In questo senso, è opportuno anche che i genitori puntino alla condivisione di diverse attività con il bambino come il gioco, la lettura di libri, il canto. Più in generale, è bene trascorrere momenti quotidiani insieme.

Dunque, occorre favorire l’interazione a casa e fare in modo che vi sia socializzazione anche con gli altri coetanei e nei diversi ambienti che il bambino frequenta.

In ogni caso, la collaborazione tra specialisti e familiari è molto importante non solo per raccogliere tutte le informazioni sul bambino, necessarie per un corretto inquadramento diagnostico, ma anche per fare in modo che i trattamenti e i percorsi definiti dagli specialisti siano più efficaci.